venerdì 3 febbraio 2017

La festa del paese


Joy si mise nuovamente a letto, era troppo presto per andare in cucina! La sera erano ritornati molto tardi dalla festa del paese. Chiuse gli occhi consapevole di non poter più riaddormentarsi e ripensò alla proprio alla festa. Nella via principale era state allestite numerose bancarelle, e tutto l’ambiente profumava di carne arrosto. Ogni bancarella vantava splendidi prodotti di artigianato sardo; cestini di tutti le forme, recipienti di alluminio e brocche di argilla, piattini e ciotole di terracotta, campanacci per il bestiame, selle pregiate per i cavalli, coltelli e ancora coperte, tappeti, tende e arazzi tessuti al telaio.
Accanto ad una bancarella colma di torrone c’era un’anziana che arrostiva castagne e le vendeva per due euro al sacchetto, mentre un altro anziano preparava meravigliosi cestini. Nella piazza un enorme falò illuminava gli uomini che arrostivano carne in un girotondo di spiedi attorno al fuoco.
Joy aveva mangiato tutto quello che Maria e Bachisio le avevano offerto. A fine serata un gruppo folk, col costume tradizionale, ballava su ballu tondu attorno al falò morente. Bachisio le aveva insegnato qualche passo del ballo sardo, e avevano danzato a braccetto tutti e tre insieme. Una splendida serata! Peccato che nonna Peppina non fosse andata con loro, era rimasta al buio dinanzi al caminetto in compagnia della tisana di alloro, e le fiamme che illuminavano l’angolo preferito della cucina.
Toc toc toc.
“Ecco Bachisio che prepara la legna per il fuoco,” mormorò Joy infilando la testa sotto il cuscino.
Toc toc toc.
Mise anche le coperte sopra il cuscino, ma il rumore arrivava ancora forte e chiaro. “Ho capito! Penso che sia ora di prepararmi per una nuova giornata... dai Joy, alzati e cammina!”
In cucina Maria e nonna Peppina erano circondate da cassette di legno piene di patate. “Abbiamo finito di raccogliere le patate stamattina presto, Joy, mi aiuteresti a portarle in cantina?”
“Sì, certo Maria. Un signore è passato stamattina in motocarrozzetta, diceva qualcosa tipo casu ageto, o aceto, non sono riuscita a vedere cosa vendesse.”
“Sicuramente era Tziu Gesuino, un anziano pastore. Lui e sua moglie, Tzia Anna, producono un tipo di formaggio fresco col latte di capra o pecora che si chiama casu axedu…”

“Iiiiii lui non fa niente, lo vende e basta,” precisò nonna Peppina ridacchiando. “lo fa quella scimpra acida di Anna. che ogni mattina si mette a fissare il latte fresco...” 

giovedì 2 febbraio 2017

Il silenzioso dolore di Joy


“Maria perché piangi?”
“Non è niente,” singhiozzò la donna, poi, dopo un respiro profondo prese le mani di Joy nelle sue “non è vero, c’è qualcosa che ti devo dire...” non poté continuare perché entrarono Bachisio e nonna Peppina tutta imbacuccata.  
“Nonna!” Urlò Joy avvicinandosi per baciare l’anziana, “come stai? Mi hai fatto spaventare, ti vuoi sedere vicino al fuoco?”
“Hai altre domande da farmi?” Gracchiò la nonna evitando i baci di Joy “Lasciami stare!” Tolse il suo scialle di lana nera e il fazzoletto dalla testa. “E po ite ses enniu innoi?”
“Come?”
“Perché sei venuta qui? Cosa vuoi da noi?”
“Mamma!” Disse Maria prendendo l’anziana per il braccio, ed aiutandola a sedersi sulla seggiola davanti al camino. “Perché non ti prepari un bell’infuso? Ti ho portato su il tuo pentolino dalla cantina,  l’acqua è qui pronta a bollire e le foglie di alloro sono sulla mensola.”
Joy rimase turbata dalle parole e dal rifiuto della nonna, proprio non capiva perché fosse così adirata con lei. Era forse perché non stava bene, o c’era qualcos’altro? Decise, ad ogni modo, di non insistere, ed iniziò a sgombrare il tavolo e lavare le stoviglie usati per preparare l’agnello. Nessuno si era accorto che piangeva, è sempre stata brava a nascondere la tristezza. Maria, Bachisio e la nonna  erano tutti e tre troppo impegnati in una discussione molto animata in sardo, per accorgesi delle sue lacrime che rimbalzavano nell’acqua saponata dei piatti sporchi. Accarezzò la piccola ma profonda cicatrice che aveva sul polso sinistro, conseguenza della sua disperazione, dopo aver perduto l’unica persona che l’ascoltava nei momenti difficili. Era la notte in cui morì nonna Teresina, Joy si chiuse nel buio silenzio della sua camera, davanti a sé un rasoio affilato e due scelte; farla finita o affrontare la vita... all’ultimo minuto scelse la seconda.

Fece un respiro profondo mentre accarezzava nuovamente la sua piccola epifania Joyciana personale. Asciugò la faccia con la manica della felpa bisbigliando una frase che le faceva ripetere nonna Teresina. “Nessuno merita le mie lacrime... nessuno merita le mie lacrime... nessuno merita le mie lacrime!”

mercoledì 1 febbraio 2017


Joy si addormentò non appena la testa toccò il cuscino, i suoi sogni profumavano di muschio e terra bagnata. Era circondata da una bolla d’acqua ondeggiante, che la cullava dolcemente. Risuonavano urla e risate della nonna... tante risate.
Che serata trascorsa al fiume con nonna Peppina e Bachisio! Subito dopo pranzo avevano indossato gli stivali di gomma, per poi salire tutti e tre nella motocarrozzetta di Bachisio. Dopo un tragitto tortuoso di una diecina di minuti, erano arrivati al fiume. La nonna aveva portato un barattolino di vetro, ma non le volle spiegare a cosa sarebbe servito. Bachisio era entrato nelle acque del fiume e alzava le pietre più vicine alla riva, controllando sotto ognuna prima di rimetterle a posto.
La nonna si era seduta su una roccia piatta non lontana da dove Bachisio aveva parcheggiato il mezzo e, dopo aver tolto gli stivali e le calze grosse di lana nera, dondolava a mollo nel fiume le sue gambe bianchissime, e rideva a crepapelle. Le faceva segno di sedersi accanto a lei: Joy aveva capito, sin dal loro primo incontro, che alla nonna non si poteva rispondere negativamente. L’acqua non era fredda, era ghiacciata!
Il tepore del sole pomeridiano aveva scacciato il freddo gelido, che aveva pervaso il suo corpo. Seduta là con la nonna, entrambe con le gambe a penzoloni nell’acqua, aveva sentito un piacevole senso di benessere generale.
Poi era successo il finimondo... Joy, vedendo  due cose viscide e nere attaccate al suo piede destro, tolse le gambe dall’acqua, poi rendendosi conto che erano sanguisughe iniziò a strillare disperatamente! Con una velocità incredibile nonna Peppina aveva tolto gli esseri abusivi dal piede di Joy, per poi appoggiarne uno sulla propria gamba destra e l’altro sulla gamba sinistra.

Dopo aver sentito le urla Bachisio si era avvicinato, dando a Joy un fazzoletto per asciugare le strisciate di sangue che le scendevano nel piede. La nonna rideva di gusto, le sanguisughe succhiavano e diventavano sempre più disgustosamente grosse. Joy si era asciugata con un piccolo asciugamano che Bachisio aveva tolto dalla motocarrozzetta, e dopo qualche minuto nonna Peppina tolse le sanguisughe dalle sue gambe, e le mise dentro il barattolo di vetro. Quando tornarono a casa Maria era mortificata per quanto era accaduto e, dopo aver sgridato il marito e la suocera, aveva spiegato a Joy che molti anziani curavano la pressione alta proprio così, in maniera naturale. 

martedì 31 gennaio 2017

La medicina contro il malocchio


Joy lavò velocemente i piatti sporchi, asciugò le mani e si sedette vicino a nonna Peppina che metteva dei rametti sul fuoco.
“Questo legno si chiama murdegu” spiegò l’anziana sottovoce, “ma non chiedermi come si chiama in italiano, perché non me lo ricordo! Lo usiamo per scacciare il malocchio e secondo me tu ne sei stata colpita!”
“Ma dai!” Rispose Joy preoccupata, “e da chi?”
“E chi lo sa!”
“Non mi sento mica male.”
La nonna prese delle pinze di ferro, e sistemò tre pezzi del legno uno dopo l’altro nelle fiamme.
“Riempi questo bidone con l’acqua del pozzo, poi vieni a sederti qui vicina a me.”
Joy obbedì senza discutere, era inquieta ma allo stesso tempo incuriosita. Nonna Peppina bisbigliava sottovoce in sardo, con le pinze prese i tre pezzi di legni ormai ridotti in brace roventi, si segnò con la croce, dunque li mise uno ad uno nel bicchiere d’acqua. Due pezzi scesero immediatamente nel fondo del bicchiere, e l’ultimo rimase a galla. L’anziana segnò il bicchiere con la croce
“Ecco vedi! Sei stata colpita! Ora bevi tre sorsi dell’acqua!”
“Che schifo, ma è sporca!”
“Zitta! Buffa... bevi! Vuoi guarire o no?”
“Ma nonna, mi sento bene, davvero,” ribatté Joy. Vedendo poi lo sguardo minaccioso dell’anziana si arrese e mandò giù tre sorsi.
L’anziana, che intanto mormorava sempre in sardo,  riprese il bicchiere, si segnò nuovamente con la croce e cominciò a schizzare l’acqua rimasta nel bicchiere addosso a Joy, prima sulle mani, sulla faccia, sul collo ed infine versò le ultime gocce nel fuoco (facendo sempre il segno della croce), creando una nuvola di cenere. Joy non ebbe il tempo di reagire, vide Maria rientrare con un mazzo di prezzemolo in mano.
“Joy! Sei tutta bagnata, cos’è successo?”
“Bettau e calau!” Annunciò nonna Peppina.
“Mamma! Non dirmi che hai fatto a Joy la medicina contro il malocchio!”
“Eia! Bettau e calau!” Ripeté l’anziana divertita.
“Cosa vuol dire?” Chiese Joy preoccupata.
“Vuol dire che i carboni che ha messo nell’acqua sono affondati subito sul fondo del bicchiere, eri colpita da un malocchio.”
“Ora sto bene?”

“Eia,” rispose la nonna porgendo un fazzoletto a Joy. “Però sei sempre strana!”   

lunedì 30 gennaio 2017

Mandorle dolci e mandorle amare



“Ho già schiacciato le mandorle amare, tu schiacci quelle dolci, poi mettile là.” Disse l’anziana indicando un contenitore appoggiato sul focolare.
“Non sapevo che esistessero mandorle diverse, in Inghilterra ne abbiamo solo di un genere.”
Maria accese il fornello. “In Sardegna abbiamo sia le mandorle dolci che quelle amare, ma le mandorle amare non si possono comprare. Noi ne abbiamo alcune piante in giardino”
“Perché?”
Nonna Peppina scosse la testa ridendo sotto i baffi. “Non sai proprio niente Loi!”
“La vendita delle mandorle amare è vietata perché al loro interno hanno una certa quantità di cianuro,” spiegò Maria, “per gli amaretti usiamo 50 grammi di mandorle amare e 500 grammi di mandorle dolci, se decidi di preparare gli amaretti per il tuo esame, ti regaliamo noi le mandorle amare...”
“Grazie Maria.”
“Ma... se vuoi prepararli in altre occasioni potresti usare solo le mandorle dolci, e sicuramente troverai un altro  ingrediente, che gli darà l’indispensabile sapore amaro.”
“Il cianuro nelle mandorle amare... ora capisco perché parlano di odore di mandorle nei telefilm polizieschi!”
“Oh Deus!” Farfugliò nonna Peppina, “tua madre non ti ha insegnato niente?”
“Mamma è sempre triste e rimane molto per conto suo,” rivelò Joy, “è solo dopo la morte di nonna Teresina che parliamo un po’ di più. Mi ha raccontato che andavate a chiedere le anime il giorno di tutti i Santi, e quando d’Estate andavate al mare.”
“Sì, ci siamo divertite da ragazze,” rammentò Maria con un sorriso, “eravamo così spensierate... così libere!”
“Troppo libere se chiedete a me! Visto hai cosa fa troppo libertà!” Replicò l’anziana indicando Joy con un cenno di testa.
“Cosa nonna?”
“Nudda nudda niente niente! Hai finito con lo schiaccianoci Loi?”
“Mi sono rimaste due mandorle da schiacciare, ho quasi finito... ecco, ora ho fatto. Cosa facciamo ora?”
Nonna Peppina si avvicinò a dare uno sguardo all’acqua nella pentola sul gas, “l’acqua sta per bollire, porta qui tutte le mandorle, le facciamo cuocere nell’acqua calda per qualche minuto, così sarà più facile spellarle.”
Joy prese il quaderno e la macchina fotografica, ed iniziò a scattare alcune foto. “Quali sono gli altri ingredienti per preparare questi dolci?”
Maria infilò un grembiule di cotone bianco, e prese un’insalatiera di terracotta dalla credenza.
“Le mandorle, ti ricordi quante ne servono?”
“Hai detto 500 grammi di mandorle dolci e 50 grammi di mandorle amare, giusto?”
“Si cara,” rispose Maria posando gli ingredienti sul tavolo, “poi servono 500 grammi di zucchero, quattro o cinque albumi, la buccia di un limone e della farina bianca per spolverare la teglia da forno. Mamma, puoi scolare le mandorle, così Joy ti aiuterà a sbucciarle?”

L’anziana fece come richiesto in silenzio, e mise le mandorle sul tavolo. Iniziò subito a prendere le mandorle bollenti una per una e a spellarle con una facilità maestrale.

Una sfortunata battuta di Caccia





“Ci divertivamo tantissimo a fare rumore per spingere i cinghiali all’aperto,” sorrise l’uomo sorseggiando il caffè, “in famiglia avevamo solo un fucile, lo usava babbo e quella giornata la compagnia aveva preso cinque cinghiali, due dei quali erano maschi... veramente enormi! Ognuno pesava un’ottantina di chili, dopo tanti sforzi eravamo riusciti a metterli sui cofani delle macchine della compagnia, per portarli in paese e farli vedere alla gente a suon di clacson. Qui in Sardegna si fa così... come se fosse una festa.”
“Poveri animali, a dire la verità lo trovo un po’ barbaro.”
“Barbaro? Tutto il paese mangiava carne per giorni! Portavamo i cinghiali dal macellaio, lui li puliva e tagliava la carne per tutti.”
“Nonna parlava del figlio di un macellaio ieri...”
Bachisio fece finta di non aver sentito, e continuò a raccontare. “Babbo aveva lasciato il fucile ancora carico  appoggiato ad una macchina, e un cane della compagnia lo fece cadere, esplose così una fucilata. Antonio morì sul colpo...” L’uomo si asciugò gli occhi e si soffiò nuovamente il naso.
“E’ terribile, mi dispiace tanto,” sussurrò Joy, stringendo le mani fredde e tremolanti dell’uomo. 
Bachisio la guardò con occhi rossi e gonfi. “Babbo non si perdonò mai di non aver scaricato il fucile, da quel giorno non siamo più andati a caccia. Antonio aveva solamente 22 anni... tua madre...”
“Bachisio!”
Joy e Bachisio saltarono sulle sedie, non si erano accorti che Maria era ritornata. La donna sbatté una busta della spesa sul tavolo davanti a loro e si rivolse al marito con tono quasi minaccioso.
“Mamma non si sente bene, devi andare a prenderla dal dottore. Non riusciva a tornare a piedi!”



Il dolore di Tzia Bonaria






Joy si sentì ancora tanto triste al risveglio. Il giorno precedente era iniziato male per colpa dalla discussione tra Maria e la nonna. Dopo aver trascorso un’oretta in camera era andata in cucina per il pranzo, qui trovò le due donne e Bachisio che l’aspettavano. Maria aveva preparato la pasta al sugo e Bachisio aveva tagliato del prosciutto crudo, come dolce c’erano gli amaretti. Era come se non fosse accaduto niente fra le due donne, anche se notava che fra i tre c’era una certa tensione. Dopo pranzo tutti insieme andarono a passeggiare per le strade del paese, anche per visitare un’anziana molto malata. Maria aveva preparato un piccolo vassoio con alcuni amaretti, nonna aveva raccolto dei fiori freschi in giardino e Bachisio era andato in cantina a prendere una bottiglia di mirto.
Arrivati ad una vecchia casa, Maria l’aveva informata che lì viveva Tzia Bonaria, la madre del macellaio. Il tetto era coperto da antiche tegole di argilla, e dal comignolo fuoriusciva un filino di fumo grigio. Joy era sorpresa nel vedere una ventina di persone raggruppate nella piccola cucina, gli uomini stavano vicino al caminetto, mentre le donne erano sedute attorno al tavolo. Tutti parlavano a bassa voce.

Sdraiata su un letto sistemato in fondo alla cucina stava la donna anziana. A turno Maria, Bachisio ed infine nonna Peppina si erano avvicinati a Tzia Bonaria, le diedero un bacio sulla fronte per poi segnarsi con la croce. Nonna Peppina costrinse Joy a prendere la fragilissima mano dell’anziana, mentre tutti la guardavano in silenzio. Tzia Bonaria aveva aperto gli occhi giusto per un attimo, erano neri e profondi come un pozzo senza né luce né fine. La donna strinse la mano di Joy e le sussurrò qualcosa, ma la ragazza non fu in grado di capire. Dopo un sospiro profondo Tzia Bonaria chiuse gli occhi, e Joy vide le lacrime che irroravano lentamente gli aridi sentieri, creati dalle sue profonde rughe.